Il 19 febbraio 2016 ci ha lasciato Umberto Eco, uno dei più importanti uomini di cultura contemporanei. A 5 anni dalla sua scomparsa una riflessione sulla lezione di questo grande maestro.
Umberto Eco è stato uno dei maggiori esperti di comunicazione, filosofo, semiologo, collaboratore storico di giornali come Repubblica e L’Espresso, professore universitario e scrittore.
Embed from Getty Images“Il nome della rosa”: un successo internazionale
Saggista ed intellettuale di fama mondiale, ha scritto sette romanzi e quarantatré libri ed è diventato celebre con il suo primo romanzo “Il nome della rosa”, pubblicato da Bompiani nel 1980: clamoroso successo internazionale, ha venduto più di 50 milioni di copie ed è stato tradotto in circa 100 lingue.
Dal romanzo nel 1986 è stato prodotto un film, diretto da Jean-Jacques Annaud, con protagonista Sean Connery, opera che ha ottenuto altrettanto successo ed ha vinto 4 David di Donatello nel 1987.
“Il nome della rosa” è un thriller ambientato in un monastero italiano del XIV secolo. In questo luogo sacro si costruisce la tragedia: iniziano gli omicidi, i monaci muoiono , per colpa di altri monaci che vogliono tenere nascosto un manoscritto filosofico perduto, attribuito ad Aristotele. Con questo racconto fatto di suspence e mistero Eco è riuscito ad affascinare un vasto pubblico.
La passione per la letteratura
Embed from Getty ImagesLa passione di Umberto Eco per la scrittura e la letteratura ha radici profonde e risale all’infanzia: nipote di un tipografo, ha sempre respirato i libri: e’ nota la sua predilezione per i “I promessi sposi”, che è nata quando, giovane ginnasiale, ha ricevuto in regalo dal padre una copia del romanzo .Così si è accesa in lui quella passione per i classici che diventerà un punto fermo nella sua opera di divulgazione culturale. Questa la sua riflessione da adulto:
“Credo che ciò che diventiamo dipende da quello che i nostri padri ci insegnano in momenti strani, quando in realtà non stanno cercando di insegnarci. Noi siamo formati da questi piccoli frammenti di saggezza”.
La cultura di massa
Embed from Getty ImagesIl suo lavoro in Rai ad appena 22 anni , poi nella casa editrice Bompiani, lo hanno portato ad interrogarsi sulla società dello spettacolo e la cultura di massa. Nel saggio “Mike Bongiorno” ha studiato il fenomeno del famoso presentatore televisivo italo-americano: erano gli anni Sessanta, la gente si ritrovava nei bar alla sera per seguire “Lascia o raddoppia” ed era il momento della massima popolarità di Mike.
Umberto Eco lo ha classificato come fenomeno di massa spiegandolo così:
” Mike Bongiorno non provoca complessi di inferiorità, pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere, perché chiunque si trova già al suo livello.”
Embed from Getty ImagesIl ritratto naturalmente non piacque a Bongiorno, il quale ricordava che anche Eco era stato tra i collaboratori di “Lascia o raddoppia” e arrivava anche lui al giovedì con la sua busta di domande.
Umberto Eco ha studiato e si è interrogato anche sui social network ed ha dato un giudizio che ha suscitato non poche critiche:
“I social danno diritto di parola a legioni di imbecilli.”
Le polemiche sono state naturalmente fortissime.
Il suo ideale di cultura e i suoi trentamila libri
Embed from Getty ImagesIl suo ideale di cultura può essere sintetizzato in questa sua affermazione:
“Chi non legge, a 70 anni, avrà vissuto una sola vita, chi legge avrà vissuto cinquemila anni: la lettura è un’immortalità all’indietro”.
Embed from Getty ImagesOra , per decisione degli eredi, la sua preziosa collezione di trentamila libri andrà all’Università di Bologna, che le dedicherà un’intera ala all’interno della sua biblioteca per ospitarli tutti: così Umberto Eco “ritornerà” nella sua Università, dove è stato per anni illustre maestro.